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La Cina vieterà i sacchetti di plastica in tutte le principali città entro la fine del 2020

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La Cina sta intensificando gli sforzi per ridurre l’uso della plastica monouso, il governo ha puntato il dito alla vendita dei sacchetti di plastica, nonché di piatti di plastica monouso, posate e cannucce. La commissione cinese per lo sviluppo e le riforme nazionali ha pubblicato un articolo dal titolo “Pareri su un ulteriore rafforzamento del controllo dell’inquinamento da plastica” e contiene una serie di misure che il governo cinese intende mettere in atto. In particolare, la Cina prevede di vietare i sacchetti di plastica non degradabili in tutte le principali città entro la fine di quest’anno e in tutte le città entro il 2022. L’eccezione a questo sarà rappresentata dai mercati che vendono prodotti freschi, che saranno esenti fino al 2025.

Anche l’industria del turismo dovrà ridimensionare il suo uso di plastica. Entro la fine di quest’anno, i ristoranti dovranno smettere di utilizzare cannucce di plastica e dovranno ridurre del 30% l’utilizzo di articoli in plastica monouso. Entro il 2025, gli hotel non offriranno più gadget in plastica monouso gratuiti.

La Cina produce circa 60 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica ogni anno, rendendolo il più grande inquinatore di plastica come singolo paese seguito dagli Stati Uniti con 38 milioni di tonnellate. Ciò significa che ogni cittadino degli Stati Uniti produce un inquinamento di plastica pro-capite quasi tre volte maggiore rispetto ai suoi omologhi cinesi.

La Cina è anche uno dei maggiori produttori mondiali di plastica, con un quarto della produzione globale annuale. Il governo prevede inoltre di interrompere la produzione di determinati prodotti come, ad esempio, sacchi di spessore inferiore a 0,025 millimetri. Negli ultimi anni il governo cinese ha aumentato l’attenzione sull’inquinamento da plastica. In particolare, il paese asiatico ha deciso di non importare più rifiuti in plastica e altri materiali riciclabili da paesi stranieri.

Questa decisione ha però aperto le porte a nazioni come la Malesia e la Thailandia ed altri paesi del sud est asiatico, che hanno intensificato il loro commercio di rifiuti importando grandi quantità di materiali da paesi stranieri, materiale che spesso viene stoccato in maniera non adeguata e che spesso finisce in mare, favorendo il commercio illegale di rifiuti.

Il nuovo bando cinese all’import di rifiuti doveva essere una spinta per il cambiamento, spingendo le industrie a trovare soluzioni alternative alla produzione di plastica. Da uno studio dell’Università della Georgia invece esce una realtà ben diversa, dove si prevede una dispersione di circa 111 milioni di tonnellate di plastica in tutto il mondo entro il 2030.

Fortunatamente si sta cercando di mettere un freno a questo incontrollato commercio di rifiuti, nella “Conferenza delle Parti della Convenzione di Basilea” sul controllo dei movimenti di rifiuti pericolosi e lo smaltimento, svoltasi in Svizzera, è stato deciso che, a partire dal 2020, non sarà più possibile esportare rifiuti senza l’approvazione del Governo del Paese destinatario.